Brutta sconfitta contro i penultimi in classifica, ma la vetta non si allontana.
Da un lato un avversario in fondo alla graduatoria, mai vittorioso col nuovo allenatore, che non faceva tre punti da undici turni per di più nell’unica occasione in cui c’era riuscito in questo campionato, e che non trionfava in casa da dieci mesi. Dall’altra un rinnovato Racing compatto e impenetrabile, che tipicamente sotto la conduzione tecnica di Cocca nelle precedenti due uscite ufficiali stagionali aveva fatto il proprio dovere vincendo anche le difficoltà dovute alla lunghissima pausa estiva.
Con questi presupposti, c’era da aspettarsi se non direttamente un successo che non è mai scritto almeno un risultato soddisfacente. E innanzitutto una prova convincente.
Dopo un primo tempo tutto sommato accettabile per giunta sfiorando un vantaggio che sarebbe stato meritato, invece, poco o niente. E non conta che si sia tenuta la palla per la maggior parte del tempo perché con essa bisogna saper che fare e stavolta fedeli a una tattica rigida su cui ci si è incaponiti, così non è stato.
La cronaca aiuta a far chiarezza.
Nella prima mezz’ora, ordine e i tradizionali affondi figli di un 4-4-2 ben fatto. Due volte con Lautaro Martínez, quindi, si è andati vicini al gol: prima da pochi passi su cross di Bou sulla falsa riga di settimana scorsa, decisivo l’intervento alla disperata del portiere, quindi su lussuoso spunto dello stesso giovane attaccante che liberatosi con un sombrero ha concluso incrociato sfiorando il palo.
In chiusura di tempo, quindi, i primi veri campanelli d’allarme col Pirata, che non tirava in porta da quaranta minuti ma ha saputo approfittare dell’improvviso ritrarsi dei biancazzurri, prima frustrato da un intervento nell’area piccola di Orión e poi dalla traversa col capitano ‘académico’ sorprendentemente superato dalla palla su punizione laterale dalla trequarti.
In apertura di ripresa, quindi, i padroni di casa hanno chiuso la serie di occasioni iniziata prima del riposo con una vincente valsa cioè il gol su buco della difesa che ha fallito la diagonale. Poi si sono chiusi loro, letteralmente, pronti a colpire quasi esclusivamente su contropiede. Al tentativo da fuori di Aued ancora sullo 0-0, blando, sarebbero quindi seguite giusto un paio di altre occasioni ma solo in chiusura al che Cocca ha finalmente mosso le pedine in primo luogo spostando Acuña all’interno. Da una serie di reiterate e prevedibili iniziative praticamente solo sulle fasce alla fine si è così passati a tentativi per le vie centrali generando maggior movimento, con due conclusioni di Brian Fernández, subentrato al pari di Mansilla e Cuadra, che hanno fato il pari con un calcio piazzato dell’Huevo spentosi accanto al palo lontano.
Troppo poco e troppo tardi, però, considerando che nello scorcio finale il Belgrano ha addirittura raddoppiato su azione conclusa a pochi metri da Orión forse viziata da fuorigioco ma comunque con la difesa che un’altra volta si è fatta sorprendere.
Nel 95esimo anniversario dalla sua prima partita giocata a Córdoba, così, il Racing torna ad Avellaneda con le pive nel sacco. Resta comunque la consolazione di non aver perso terreno dal Boca, sconfitto in serata a Buenos Aires dal Talleres – e in prospettiva va benissimo.
Ma se oggi si può dire con un certo sollievo che quel che Córdoba toglie Córdoba restituisce, resta una considerazione di fondo da fare. Venduto Romero, non ancora dato spazio a Meli e potendo solo rimpiangere l’onnipresenza di Lisandro López che è il vero collante fra i reparti d’attacco in verticale e orizzontale, si è capito quanti problemi ci siano a penetrare difese avversarie chiuse senza l’apporto di un trequartista. E con la tendenza di Cocca ad affidarsi prevalentemente al gioco veloce e di rimessa, urgono alternative.
Hanno giocato Orión, Pillud, Vittor, Torsiglieri, Insúa, Aued, González (Cuadra), Díaz (Mansilla), Acuña, Lautaro Martínez (Brian Fernández), Bou.